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di FRANCA GAMBARI

Tante volte in questo periodo mi sono chiesta cosa significhi vivere per il bene comune oggi.

La risposta però è qui, dinanzi a noi, in quello che stiamo facendo, nel modo in cui stiamo vivendo per non cadere intrappolati in quel corona virus che perseguita tutti quanti. In questo periodo, la prima cosa da fare per occuparci del bene comune è … vivere isolati. Paradossalmente, il distanziamento fisico è l’unica arma che ora abbiamo per prenderci cura gli uni degli altri. E quanto è difficile! Tocchiamo con mano il significato di ‘esseri sociali’, gli altri ci mancano e non vediamo l’ora di poter ritornare alla ‘vita normale’, di poterci di nuovo incontrare, di uscire ancora insieme per condividere un pranzo, una cena, una pizza.

Anche nella cosiddetta Fase 2 dovremo continuare a prestare attenzione, e non soltanto per noi stessi, ma anche per gli altri, per il bene comune appunto. Chissà se ci riusciremo. Chissà se ci ricorderemo che queste restrizioni non sono norme calate dall’alto, ma sono regole da rispettare per il bene di tutti. Siamo stati messi alla prova, i valori in cui veramente crediamo lo sono stati, così come la nostra fede, la nostra convinzione che il Signore c’è, ci ama e continua a rimanerci accanto.

Le relazioni con gli altri, intessute durante questi anni, non sono tuttavia andate perdute.

I nostri colleghi ed amici britannici hanno subito chiesto di noi, quando ancora loro non erano stati toccati da questa pandemia. Si sono preoccupati della nostra salute e, fin da subito, ci hanno dimostrato la loro vicinanza. Hanno postato sui social foto ed articoli che ricordavano la nostra visita a Liverpool, ci hanno scritto ed hanno organizzato incontri di preghiera per noi.

Ora, che anche loro si trovano nella nostra situazione, siamo noi ad incoraggiarli e a sostenerli con pensieri, fotografie e preghiere. Ci siamo ripromessi di tornarci ad incontrare non appena tutto sarà finito, quando saremo di nuovo liberi di muoverci, di ‘respirare’.

Nel frattempo proseguiamo la vita di tutti i giorni facendo quello che possiamo, sia a livello familiare che professionale, cercando di non cadere nello sconforto per non rattristare ulteriormente le persone che ci sono accanto, ma sforzandoci invece di trovare parole e gesti per incoraggiarle e rallegrarle.

Abbiamo trovato nuove modalità per collaborare con i nostri colleghi e per ‘prenderci cura’ – pur a distanza - dei nostri allievi, del loro percorso scolastico e del loro stato d’animo. Consapevoli che le relazioni, anche se in modo diverso dalle nostre abitudini, sono la prima cosa da coltivare per operare in vista del bene comune.

Il corona virus ci ha messo duramente alla prova, ma non ha intaccato la nostra speranza in un mondo migliore ed il nostro impegno quotidiano, per quanto minimo, di realizzarlo.

Nel tempo della pandemia il Papa prega per noi e con noi. Abbiamo estrapolato un breve brano del discorso del Santo Padre che ci invita alla conversione, alla scelta indirizzata al "Bene comune". Accogliamo l'invito e lo riproponiamo perchè ci offre ottimi spunti di riflessione.

Dice il Santo Padre: “Convertitevi”, «ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. È la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni. È la vita dello Spirito capace di riscattare, di valorizzare e di mostrare come le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Davanti alla sofferenza, dove si misura il vero sviluppo dei nostri popoli, scopriamo e sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù: «che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti. La preghiera e il servizio silenzioso: sono le nostre armi vincenti.

Durante la Santa Messa, il Parroco del Paese, sito in provincia di Oristano, esprime il suo pensiero: "Ognuno di noi può essere la persona attenta alle grida di aiuto che si alzano in mezzo a tanta indifferenza. Ci auguriamo che noi possiamo essere persone pronte a ridare vita e speranza a chi la sta perdendo, anche nella nostra comunità."

Ecco la versione integrale dell'omelia del 28 ottobre 2018.omelia 28 ottobre

Vittorio Bachelet: I terroristi hanno fermato il suo corpo, ma non riusciranno a fermare la forza delle sue idee. Un grande uomo! Sempre attuale!

"Vi è una educazione al bene comune (meglio si potrebbe dire al senso del bene comune o all'impegno personale per il bene comune) che riguarda in modo speciale il periodo tipico della educazione dell’uomo: l’infanzia, l’adolescenza, la giovinezza. E vi è una educazione al bene comune che si deve proseguire usque ad vitae supremum exitum. Vi è una educazione di fondo alla consapevolezza delle responsabilità sociali e vi è una educazione specifica al senso del bene comune proprio della comunità politica. ...continua a leggere "Educare al “Bene Comune” una lezione da Vittorio Bachelet"

Atzori Valentina.

Non serve fare delle riflessioni approfondite per accorgersi che tutte le istituzioni hanno come scopo quello di perseguire il “bene comune”, ognuna secondo la sua propria declinazione. Durante la manifestazione del 7 ottobre “Insieme nella scuola, nella famiglia, nella società e nella fede”, organizzata ad Oristano dall'Associazione Italiana Maestri Cattolici, la Prof.ssa Valentina Atzori ha spiegato il percorso che la Scuola italiana ha fatto negli ultimi cinquant'anni.

Un tempo la scuola era per un gruppo di fanciulli normali dalla quale erano esclusi coloro i quali non rientravano in questa definizione . Era la scuola dell’esclusione, non per cattiveria, ma semplicemente perché si riteneva che questo fosse il modo corretto di procedere.

Poi si pensò che tutti i bambini avevano il diritto di avere un’istruzione, e coloro i quali non potevano rientrare nel gruppo dei fanciulli normali, entrarono nelle classi delle scuole speciali.

Ci vollero alcuni anni per comprendere che neanche questa era la soluzione più giusta. La nostra Costituzione parlava chiaro: “tutte le persone hanno gli stessi diritti, la stessa dignità” e che “la scuola è per tutti”. Perciò, partendo dai bambini con minori disabilità, tutti entrarono nella scuola e arrivò il tempo dell’integrazione. Questo fu un momento straordinario L’Italia divenne un esempio per il mondo intero riguardo l’integrazione , ma tutto ciò non bastava, non era sufficiente per arrivare alla realizzazione del “bene comune”. Dopo un'accurata riflessione la scuola ha cominciato a prendere coscienza del fatto che nelle nostre classi non c'è qualche bambino “diverso” e una massa di bambini “uguali”, ma ogni alunno è diverso dagli altri, con le sue caratteristiche, le sue esperienze, le sue fragilità e i suoi punti di forza. Nella “scuola inclusiva”, ognuno deve avere la possibilità di apprendere insieme agli altri , di trovare ciò di cui ha bisogno per sviluppare le sue potenzialità. C’è voluto tanto tempo per introdurre questo concetto, tutto sommato semplice e ovvio, perché anche il pensiero degli adulti doveva avere il tempo di crescere e maturare. C’è voluto tempo perché si comprendesse che un concetto importantissimo come quello di eguaglianza secondo il quale tutti sono uguali e hanno diritto a ricevere le stesse cose per essere alla pari, se applicato alla scuola in modo puro portava alla ingiustizia. Era necessario ripensare il concetto di uguaglianza e andare oltre, riconoscendo che i bambini e ragazzi sono tutti uguali nella loro diversità e che perciò hanno bisogno di cose diverse per avere accesso alle stesse opportunità, c'era bisogno quindi di equità ed è su questo che si basa l’inclusione. Capire tutto ciò non è difficile, passare dal comprendere al accettare è un altra questione, perché non basta quanto abbiamo fatto noi insegnanti fino ad ora, la didattica va ripensata per questi bambini tutti ugualmente diversi, o “tutti diversamente uguali”, che dir si voglia. E' necessario cambiare mentalità, abitudini di lavoro per realizzare “Insieme” una scuola dove si realizza il “Bene comune”. E questo è il compito che ci viene affidato dalla Prof.ssa Valentina Atzori, a noi trovare le risposte congeniali per ciascuna realtà.

In un caldo pomeriggio di ottobre all'Auditorium San Domenico, ad Oristano si è parlato di "Bene Comune". L'iniziativa, promossa dall'Associazione Italiana Maestri Cattolici, è stata sostenuta ed incoraggiata dalle associazioni Azione Cattolica, Meic, Osvic, Movimento focolari e Unla di Oristano, dal Cospes di Sassari, dalla Associazione genitori Democratici di Terralba, dall'Associazione Cuturale Biblioteca di Arborea. L' argomento è stato ottimamente presentato dai Professori Valentina Atzori, Massimo Serra, Stefano Pilia e da Don Gaetano Galia che hanno declinato il termine "Insieme" offrendo una attenta e profonda riflessione ed una chiave di lettura della società attuale. La serata è iniziata con un saluto dell'Arcivescovo di Oristano, Mons. Ignazio Sanna e con la presentazione del Progetto "Together for the common good" che, partito da Liverpool, è approdato in varie regioni d'Italia nel 2016 e propone a livello internazionale l'idea di lavorare in vista del "Bene Comune". Noi, dell' AIMC di Oristano, abbiamo aderito con entusiasmo all'iniziativa, siamo già al secondo anno di attività e cerchiamo tutti coloro i quali pensano che, nel nostro mondo, si può ancora realizzare il "Bene Comune" collaborando INSIEME agli altri. Ed è proprio da Oristano che comincia il "Viaggio della candela" che nel mese di ottobre andrà nelle scuole e nei luoghi dove più persone riflettono sul bene comune. Le immagini, raccolte nello spazio web "www.tuttinsiemeperilbenecomune.it"  documenteranno la gioia del ritrovarsi, del riflettere insieme, del costruire un confronto nel rispetto dell'altro. Anche questo sarà un modo per "Costruire ponti e abbattere i muri !" proprio come ci chiede Papa Francesco. Se qualcuno volesse saperne di più sulle iniziative che si svolgeranno ad Oristano, può contattarci aimcoristano@gmail.com

scheda progetto Oristano 2017 e 18